Stazioni di transito 2011, Artemisia Edizioni, Italia

Stazioni di transito ITA

Rosa Liksom

Stazioni di transito (Original title: Yhden yön pysäkki)

Traduzione di / Translator: Delfina Sessa

Publisher: Artemisia edizioni (2012)

 

Pubblicate in finnico nel 1985 (titolo originale Yhden yön pysäkki), le novelle di Rosa Liksom sono come dei bozzetti, brevi immersioni in autonomi spazi di esistenza, popolate di ragazze sfrontate che finiscono nelle grinfie dei poliziotti, giovani che vivono la sessualità come strumento di potere o espressione di potenza, disadattati dovunque, rinchiusi in se stessi e nell'immobilità della loro condizione. Talvolta un'immagine di ordinaria tranquillità nasconde risvolti scomodi o brutali: due ballerini sovietici in tournée con il loro gruppo di danze popolari la cui passione per la danza è anche un amore omosessuale. La prosa è scevra di eventi: l'intreccio è stato smembrato, si è dissolto nell'indifferenza. L’autrice descrive la solitudine degli uomini all’estremo nord della Finlandia, la loro inclinazione a gesti improvvisi di vita e morte, sotto l’incombenza di rischi sociali (disoccupazione) o esistenziali (disperazione), o semplicemente per mancanza di amore. La natura è fonte di consolazione, ma anche portatrice di malinconia. Come dice un personaggio del libro:

“In un certo senso uccide, questa benedetta natura, perché uno sta solo. Uccide e nello stesso tempo dà forza. È strano.”

In Lapponia la sfida degli uomini si addensa in amori proibiti o forme di violenza inattesa, mentre nelle novelle ambientate nella realtà urbana del sud del paese la provocazione del destino si manifesta diversamente, implicando spesso atti di ribellione sociale. In questi casi la marginalità, condizione forzata della gente del nord, diventa invece scelta ed espressione della propria umanità. Sono soprattutto i giovani a voler uscire dalla società organizzata, precipitandosi in esistenze precarie ed estreme. I rapporti umani sono altrettanto precari, brevi soste in ‘stazioni di transito’ da cui fuggire, o semplicemente sparire, in un momento successivo. Da Helsinki e Copenaghen il racconto si sposta alla “sala d'attesa dell'Europa”. Sfondi diversi, tra l'Unione sovietica e l'Africa; individui sradicati, in transito da una nazione all'altra, senza che nessun passaggio, nessun luogo abbia un senso. I gesti sfrontati nascondo un grande bisogno di affetto, spesso inconscio. Nei suoi spezzoni di esistenza, che frantumano la narrazione, moltiplicano i punti di vista, sottraggono la trasparenza al rapporto con il lettore, l'Autrice descrive mondi estremi, residui di una realtà – la nostra - che ha perso qualsiasi significato e si nutre di se stessa, simulandosi all'infinito nella sua dimensione mediatica, nei valori del successo e del consumo, nella sua libertà iperreale. È da questa realtà Rosa Liksom si allontana per raccoglierne i frutti: sedimenti in cui si legge la condizione dell'uomo moderno, condannato ad una frenesia senza scopo, ad una incolmabile solitudine, ad una opacità intrisa di violenza al punto da non averne più la consapevolezza. Nonostante lo sfondo a volte desolato, dalle novelle emerge l’incontestabile senso dell’umorismo (nero, se vogliamo) e il risvolto comico di certe situazioni. Alcuni personaggi, testimoni anche della propria inettitudine, talvolta sono comiche, ingenue parodie di se stessi; come il ragazzo che risparmia lavorando sodo per andare in viaggio e riesce solo a farsi rimandare indietro dopo qualche ora, obnubilato da una buona dose di spinelli. In alcuni di essi si affaccia anche la psicosi, estrema risposta alla violenza, o paura devastante di esistere; e si allude alla vulnerabilità della mente umana come ineluttabile parodia dell'uomo. In Stazioni di transito, sua prima opera letteraria, Rosa Liksom si rivela già abile artista di lingua e stile. Nella successiva raccolta di novelle, Memorie perdute (Artemisia 2004), continua la tematica dello sradicamento e della marginalità, soprattutto in Lapponia, per poi proiettare i suoi personaggi sullo sfondo della fuga dalla campagna in ostili ambienti urbani nel suo primo romanzo (Kreisland, 1996). Nel 2011 riceve il più importane premio letterario finlandese, il “Premio Finlandia”, per il romanzo Hytti nro (“Scompartimento nro 6) che racconta di un viaggio in treno da Mosca a Vladivostoc. Cos'è allora la marginalità, quasi protagonista di molte novelle, per Rosa Liksom? Non è un concetto geografico, come vorrebbe ironicamente suggerire con la suddivisione in più parti di diversa ambientazione. Si trova tanto a Helsinki e a Copenaghen quanto a Mosca, in un villaggio africano o tra le nevi lapponi. Sarà una vera marginalità? O è il centro, l'essenza, che altri classificano come periferia?